Intervista a Valentino Infuso, attore e ideatore della cena-spettacolo Teatro-Cucina®, che dopo 15 anni di repliche e successi torna dal 25 novembre a Milano all'Atelier di Teatro in Polvere, lo stesso luogo dove ha debuttato nel novembre 2000.
“Intrattenimento conviviale in cinque portate e due atti”: il payoff dello spettacolo Teatro-Cucina® non potrebbe essere più chiaro. Perché non si tratta di un’esperienza teatrale e basta, Teatro-Cucina® è qualcosa di unico nel suo genere, una performance teatrale completa. In scena si raccontano la vita e le sue sfaccettature attraverso il cibo e i 33 spettatori assumono un ruolo che va oltre quello del mero osservatore. Ne abbiamo parlato con Valentino Infuso, attore e ideatore della cena-spettacolo.
Com'è nata l'idea di questo spettacolo?
Ero convinto che ci fosse bisogno di un approccio completamente diverso con gli spettatori. Avevo fame di un'idea nuova, e come ogni tipo fame questo bisogno mi prendeva la bocca dello stomaco. E allora ho pensato di attingere dal mio background. Io sono napoletano, sono nato e cresciuto in cucina dunque per me il cibo è un atto conviviale, un momento di snodo non solo per l'alimentazione ma anche per i rapporti umani. Per questo ho pensato di portare le emozioni della tavola in teatro attraverso la cucina. Poi mi sono confrontato con Elisabetta Faleni e insieme abbiamo scritto lo spettacolo. Lei è un'attrice con una forte impronta legata alla danza, per cui ha aggiunto la fisicità del balletto all'ossatura che avevo già in mente. Oggi questo progetto va avanti da 15 anni con grande soddisfazione per noi.
In questo così lungo periodo di tempo avete visto come le varie allergie alimentari e le intolleranze sono aumentate tra i vostri spettatori. Come avete reagito?
È vero, abbiamo vissuto questo cambiamento sociale in diretta. All'inizio proponevamo un menu per i vegetariani ma era poca cosa, poi tutto è cambiato. Dunque è diventato importante anche quale farina scegliere. Per questo facciamo molta attenzione ai nostri fornitori, ci riforniamo da piccoli produttori, cerchiamo coltivazioni che siamo biodinamiche. Perché alla fine il cibo servito durante lo spettacolo è un mezzo e deve essere buono altrimenti disterebbe lo spettatore. Tutto è fatto per essere coordinato. Senza dimenticare il lato della convivialità legata al cibo che quindi trasforma uno spettacolo teatrale frontale in qualcosa di più complesso, perché gli spettatori cenano e fanno parte della scena allo stesso tempo.
E gli spettatori come reagiscono a questa commistione tra cibo e teatro?
Si siedono intorno a noi a ferro di cavallo, tutti e 33 si trasformano in uno solo. In pratica siamo noi attori in scena più lo spettatore unico quindi ognuno dà il suo contributo e acquista un ruolo. Ogni fase della vita è presentata da un piatto che portiamo in scena e dobbiamo darci il tempo di gustare le cose. Ormai è diventato tutto veloce o contratto come l'apericena. Invece dovremmo gustare, approfondire e condividere delle emozioni per questo gli spettatori si siedono in una tavolata unica.
Un'esperienza completa.
Il rapporto tra teatro e cibo è marcato in ogni aspetto e vogliamo che sia così. La definizione di Teatro-Cucina® nasce nel 1999 con questo spettacolo, se si pensa è assurdo perché sono due cose talmente belle che per forza stanno bene insieme.
Ci sono mai gli imprevisti durante uno spettacolo così?
Eccome, ne capitano di continuano. O si risolvono sul momento con un'intuizione oppure capita che vengano inseriti direttamente allo spettacolo.
Chi era nonno Antonio a cui è dedicato lo spettacolo?
Era mio nonno, un panificatore. Mi ha insegnato a impastare il pane a mano. Ai suoi tempi non c'erano le impastatrice elettriche e lo faceva magistralmente. A lui è dedicata la coreografia in cui appunto si impasta.
C’è anche il caffè nello spettacolo?
Sì, dopo gli applausi finali. Però non fatto con una macchinetta qualunque, abbiamo una cuccuma napoletana.